Sessualizzazione e Social
Da sempre l’essere umano dipende, per la sua sopravvivenza, dall’interazione con l’altro.
attraverso un’evoluzione molto rapida, sono passati da chat prive di immagini a vere e proprie vetrine dove tutto si basa su stimoli visivi.
Facebook è stato uno dei primi esempi di social network che permetteva di condividere post e di interagire con gli altri utenti. Ben presto, però, si è passati a forme di social che prediligono lo stimolo visivo.
Ne è un esempio Instagram: i cui post sono composti unicamente da immagini e, in percentuale minore, video.
Seguendo questo criterio, uno dei social comparsi più di recente è TikTok che ha basato tutto sui video.
Dato l’esponenziale utilizzo dei social network e la loro vasta diffusione, queste piattaforme hanno finito per influenzare la vita dei propri utenti.
Pertanto, molti sono gli studiosi che hanno indagato i loro effetti.
È facile notare l’immediatezza con cui si entra in contatto con immagini sessualizzate di donne, la cui maggioranza incarna gli ideali di bellezza socialmente previsti.
Data la “normalizzazione” di questi stimoli ci si è chiesti che effetto possa apportare sulle persone che vi si sottopongono quotidianamente. Inizia dunque il ciclo della Sessualizzazione sui social.
È dimostrato che le donne, a fronte di ciò, mettono in atto un processo di confronto sociale, con degli effetti negativi sul loro benessere psicofisico.
Una delle principali fonti di sessualizzazione della donna sono certamente i mass-media. Pubblicità, programmi televisivi, film, ma anche videogiochi, testi e video musicali.
Presentano le donne in modo sessualizzato sia attraverso l’esposizione della nudità femminile e l’utilizzo di vestiario provocante, sia ritraendo le donne come sessualmente disponibili o impegnate in attività associate alla sfera sessuale.
Anche genitori, insegnanti e pari trasmettono inconsapevolmente rappresentazioni sessualizzate delle donne.
Infatti, sebbene l’ostentazione delle proprie forme e della nudità vengano solitamente scoraggiati e mal visti in contesti quotidiani quali ad esempio scuola o lavoro, il messaggio che passa è sempre che il corpo di donne e ragazze possiede costantemente ed intrinsecamente una certa sessualità, la quale andrà necessariamente ad agire sull’eccitazione maschile.
Le ragazze adolescenti sono sempre più esposte ai rischi di una malsana sessualizzazione
Raggiungere la maturità sessuale per gli adolescenti non è un processo agevole. Ma quando le ragazze vengono incoraggiate ad essere sexy, senza avere la sufficiente consapevolezza di cosa ciò significhi, il processo risulta ulteriormente complicato.
Da un’analisi dei contenuti di molti siti web, risulta che le celebrità femminili sono molto più propense, rispetto a quelle maschili,
ad essere rappresentate con immagini sessuali, a prescindere dall’ufficialità o meno del sito.
Tutti questi settori di influenza combinati insieme producono una serie di problemi per le ragazze. Il rapporto dell’APA afferma che:
La sessualizzazione è legata a tre dei più comuni problemi mentali delle ragazze e delle donne: disordine alimentare, bassa autostima e depressione.
I ricercatori aggiungono che vi sono elementi che dimostrano che la sessualizzazione delle ragazze, e il conseguente sentimento negativo nei confronti del proprio corpo, in definitiva può portare a problemi sessuali in età adulta.
Essi affermano che un altro problema si lega all’idealizzazione della giovinezza, come l’unico stadio buono e bello della vita.
L’attuale boom dei prodotti anti invecchiamento e della chirurgia estetica è il risultato di questa imposizione di uno standard di bellezza.
Uno studio sottolinea come la sessualizzazione sia associata, sia negli uomini che nelle donne, a maggior sostegno per le idee sessiste e atteggiamenti negativi verso le donne.
Per esempio, guadare frequentemente programmi televisivi sessualizzati alimenta, negli adolescenti, una visione delle donne come oggetti sessuali e un’idea del sesso come attività ludica.
Inoltre, l’esposizione a immagini di donne ritratte in modo sessualizzato (per esempio, sui profili social) promuove una maggiore accettazione di tutte quelle credenze che “spostano” la responsabilità di molestie e violenza sessuale ai danni delle donne sulle vittime stesse.
fenomeno conosciuto come “biasimo della vittima” piuttosto che su coloro che le hanno messe in atto. Questo tipo di credenze sono meglio conosciute, nella letteratura psicosociale, come “miti dello stupro”, e prevedono ad esempio l’idea che una donna se la sia “cercata” vestendosi o atteggiandosi in modo sexy.
Non seguire più pagine di social network che incoraggiano un confronto con standard di bellezza irrealistici e basati sulla sessualizzazione può aiutare le donne a prendere il controllo sugli effetti che i social media hanno sulla loro immagine corporea e sul loro benessere.
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